Mentre da alcuni anni il Sud Europa, Irlanda e i paesi balcanici boccheggiano o navigano in piena crisi, la Germania è riuscita a ridurre il numero di disoccupati. Gli effetti di questo fenomeno e cioè la forte riduzione del tasso di disoccupazione in Germania non si è fatto sentire però in modo omogeno in tutte le città tedesche. A Berlino il tasso di disoccupazione si è ridotto ma continua a rimanere altissimo se confrontato per esempio con quello di altre grandi città tedesche come Monaco di Baviera o Amburgo, ma anche s lo confrontiamo col il tasso di grandi città italiane come Milano o Roma. Crediamo che la possibilità di confrontare i differenti tassi di disoccupazione delle metropoli europee sia uno strumento utile non solo per gli statistici e gli studiosi, che lo usano per esprimere valutazioni sulla forza economica e/o coesione sociale di un luogo di una città o paese, ma serve anche a coloro che sono in procinto di partire perché la propria città o regione non offre prospettive professionali soddisfacenti.
È del tutto comprensibile per esempio che gli stranieri in Italia risiedono per lo più nel Nord della repubblica, poco meno al centro e pochissimo al Sud, perché in quest’ultima parte del paese è risaputo che le possibilità di occupazione sono estremamente rare. Ritroviamo questo stessa situazione anche in Germania; nelle regioni dell’Ovest soprattutto la percentuale di stranieri è alta o altissima laddove il tasso di disoccupazione è basso. Il tasso di disoccupazione in Germania nelle diverse province (o città) può essere ora consultato con un’utile grafica, interattiva, messa a punto dal noto settimanale die Zeit (per consultare le grafiche cliccare
qui. La grafica è semplice: le macchie chiare descrivono bassi tassi, quelle più verso il verde scuro alti tassi di disoccupazione. Focalizzando l’attenzione su Berlino viene fuori che a gennaio 2005 il tasso di disoccupazione era del 19,5%. Per fare un esempio e confronto con una grande città italiana possiamo prendere Milano, la quale, nello stesso periodo, aveva un tasso di disoccupazione del 4,5% mentre a Roma era del 7,3%! Sette anni più tardi, e precisamente a novembre 2012 il tasso di disoccupazione di Berlino era sceso all’11,4%, mentre a Milano pur essendo salito, si attesta(va) (per il 2012) al 5,2% e a Roma (dato del 2011) era dell’8,5%! Scorrendo la grafica presentata da die Zeit scopriamo anche che a Stoccarda, opulenta capitale del Baden-Württemberg, il tasso di disoccupazione è del 5,8%; a Monaco di Baviera la disoccupazione è ancora più bassa di quella di Stoccarda o Milano e soprattutto di Berlino, attestandosi a novembre 2012 al 2,9%! Insomma nonostante i miglioramenti relativi in termini occupazionali della capitale, nel confronto intertedesco, Berlino continua ad essere la città pecora nera. Ma ciò non sarebbe il male peggiore. Sempre più studi, promossi da diverse fondazioni di ricerca sociale, e gli stessi dati statistici mostrano una città continuamente alle prese col problema della povertà, che attanaglierebbe circa il 20% delle famiglie. Secondo una tabella che riportiamo qui e che è messa a disposizione dal sito statista.de
possiamo leggere che a Berlino il 16,2% della popolazione è dipendente dagli aiuti sociali, raggruppati sotto la definizioni Harz 4 Empfänger.
Aumento della popolazione ma rischio di povertà ancora alto
possiamo leggere che a Berlino il 16,2% della popolazione è dipendente dagli aiuti sociali, raggruppati sotto la definizioni Harz 4 Empfänger.
Gli aspetti negativi cui abbiamo qui sopra accennato non hanno tuttavia impedito che negli ultimi anni la popolazione di Berlino sia leggermente aumentata. L’aumento è stato generato sia da spostamenti interni alla Germania, per esempio un numero crescente di studenti di altre città tedesche viene a studiare a Berlino, sia da un’immigrazione soprattutto infraeuropea. Riguardo a questo incremento l’ufficio di statistica regionale ha certificato che a fine giugno 2012 l’aumento maggiore in termini relativi, ed in confronto col dato dello stesso periodo del 2011, riguardava cittadini rumeni (+33%), bulgari (27,2%) spagnoli +22%, ungheresi 13,7%, lituani 13,3%, italiani 10,4%. Parallelamente però si registrano serie difficoltà di inserimento di questa nuova forza lavoro, la quale, seppur qualificata, non riesce a trovare un’occupazione stabile e/o decentemente remunerata. Di quest’ultimo fenomeno si è occupato il quotidiano berlinese ‘Berliner Zeitung’, con un
lungo articolo pubblicato qualche giorno fa: vengono descritte le difficoltà dei nuovi arrivati spagnoli, alcuni dei quali sembra, scoperte le difficoltà di trovare lavoro a Berlino, si orientano verso la vicina Polonia (che ha un rispettabile tasso di crescita di 2,35% per il 2012 e oltre il 2% per il 2013). Questa situazione, ciò la necessità di riorientarsi dopo essere appena arrivati, ci obbliga a riflettere sul fatto che forse una buona parte dei nuovi arrivi in città è determinata da scelte che si basano su informazioni non complete o erronee sulla situazione occupazionale di Berlino.