Con la crisi che attanaglia l’Italia e tutti gli altri paesi mediterranei sono aumentati anche in Italia i dibattiti e le discussioni sul modello sociale ed economico tedesco, sui perché della tenuta economica della Germania in un momento di crisi. Aumentate sono ovviamente le prese di posizione soprattutto contro l’Euro. Anche in Germania del resto, relativamente al tema della moneta unica, esistono dibattiti, addirittura è nato un partito (Alternative für Deutschland) che ha fatto della battaglia contro l’euro la sua bandiera. In questo sito abbiamo sempre cercato di focalizzare l’attenzione su Berlino, ma crediamo che sia venuto il momento di alzare lo sguardo e guardare all’intero sistema tedesco e demolire alcuni stereotipi e falsità che circolano in Italia. Il primo punto che ci preme sottolineare è la questione occupazionale. Rimandiamo la trattazione di altri aspetti importanti come la povertà e le tipologie di lavoro a prossimi post. La Repubblica Federale di Germania, seppure con differenze regionali grandi quasi come quelle che esistono tra una regione come la Lombardia e la Campania, si sta avvicinando alla piena occupazione. Ad aprile 2013 il tasso di disoccupazione era del 7,1%. La forbice regionale era rappresentata da un minimo, il 3,9% in Baviera e da un massimo, il 12,3 a Berlino, confermandosi questa città-regione come la campionessa della disoccupazione tedesca. Com’è possibile allora che la disoccupazione sia scesa di così tanto in Germania e da noi è aumentata? Secondo la vulgata, che si sente ovunque in Italia, la diminuzione della disoccupazione è un merito delle riforme adottate dal secondo governo rosso-verde, note come Agenda 2010, e che avrebbe reso il mercato del lavoro più efficiente e dato una spinta fortissima all’economia tedesca. Al di là delle argomentazioni poco convincenti, che hanno dato anche alcuni esponenti di sinistra in Italia, le riforme del secondo governo Schröder non sono responsabili né della diminuzione della disoccupazione né della crescita dell’economia tedesca. Secondo uno studio della fondazione Hans Böckler, realizzato dai due esperti G. Horn e A. Herzog-Stein dell''Istituto per macroeconomia e ricerca sulla congiuntura' IMK, la tendenza alla diminuzione della disoccupazione è di lungo periodo e va osservata già negli anni precedenti le riforme schroderiane. Una sentisi della ricerca può essere consultata qui. I due studiosi osservano che già a partire dal 1994 il numero di occupati comincia a crescere, ma mentre aumenta in numero assoluto, diminuisce la percentuale di occupati con contratti di lavoro dipendente ed aumenta la percentuale di lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti atipici.
La cosa più importante è che – al di là delle riforme Schröder e al di là dell’introduzione dell’euro – dal 1994 al 2012 a parità del numero di ore lavorate in Germania sono aumentati i lavoratori! In altre parole a quantità uguale di lavoro da sbrigare vi è stata una platea molto più ampia di lavoratori che la svolge. Tutto ciò ha significato un aumento fortissimo di lavoro atipico e di lavoro svolto in settori occupazionali a retribuzione bassa (in tedesco Nidrieglohnbeschäftigung). Se proprio le riforme Harz IV di Schröder hanno avuto un ruolo nella situazione attuale allora si potrebbe affermare che esse hanno solo ottimizzato un sistema, nello specifico, esercitando pressione sui disoccupati percettori di trasferimenti monetari ad accettare lavori che precedentemente non erano obbligati ad accettare. Inoltre, osservano i due studiosi, ciò che ha permesso che la tendenza alla diminuzione del tasso di disoccupazione non si interrompesse neanche nell’anno della crisi, tra 2008 e 2009, è da attribuire a due fattori:
Tendenza del lavoro interinale in Germania dal 1996 al 2011 |
1) la possibilità che le imprese ottennero di usare l’orario ridotto (senza licenziare e senza troppo forti penalità in busta paga).
2) l’uso intenso di flessibilità interna, possibile grazie ad accordi tra i dirigenti delle imprese, soprattutto quelle più grandi, e i rappresentanti dei lavoratori (Betriebsräte). Questi due elementi permisero sia di evitare i licenziamenti e nel contempo permisero che le ore di lavoro non prestate durante la crisi potessero essere recuperate per far fronte ai picchi di domanda post crisi. Insomma Schröder con la situazione occupazionale della Germania di oggi c’entra poco.