mercoledì 1 giugno 2011

Unter Kontrolle: film docum. sulle centrali nucleari

Il governo della Repubblica Federale di Germania, con la cancelliera Angela Merkel (CDU), ha da qualche giorno deciso che entro il 2022 tutte le centrali nucleari dovranno essere chiuse. Salutiamo con gioia questa decisione e speriamo che altri paesi (la Polonia ha già annunciato che ha intenzione di ripensare i suoi progetti atomici) facciano lo stesso. Attualmente il 22% dell’energia elettrica tedesca viene prodotta in centrali nucleari (in tedesco chiamate Atomkraftwerk, AKW). Sarà sicuramente una bella sfida quella di diversifare o meglio eliminare la produzione di elettricità da AKW. Per il momento comunque lasciamo stare le polemiche e diamo tempo al governo tedesco, attuale e futuro, di realizzare un progetto davvero di grande portata. E godiamoci piuttosto un bellissimo film documentario, girato da un quarantenne regista Volker Sattel, sui meccanismi di controllo delle centrali nucleari in Germania. Il film è stato presentato al festival del cinema di Berlino, la Berlinale del 2011, ma sicuramente il disastro di Fukushima ha amplificato l’interesse e l’attualità del tema trattatovi. Chi cerca in Unter Kontrolle. Eine Archäologie der Atomkraft esplosioni, azioni, guerre o infernali incendi si sbaglia. Con uno stile tipico di molti registi tedeschi contemporanei, uno stile sobrio, minimalista, essenziale, il film ci fa vedere dall’interno i processi di lavoro, il quotidiano e il funzionamento degli impianti di produzione di energia elettrica. Volker Sattel è riuscito in un’impresa difficilissima: riuscire a far vedere ciò che è invisibile. In primo piano sono i tecnici degli impianti che maneggiamo la materia più pericolosa del mondo; centrale però è anche quella sorta di corto circuito tra uomo e tecnica, che affiora osservando persone attive in uno spazio-meccanismo (la centrale) che può rapidamenti diventare incontrollabile. (vedi Chernobyl, Fukushima). E ancora i 98 minuti del film ci presentano la documentazione raccolta in tre anni di lavoro con una narrazione sì asciutta ma non per questo con una posizione sottomessa o acritica; non a caso il sottotitolo del film è Un'archeologia dell’energia nucleare, ad evidenziare il giusto punto di vista di Satter sull’obsolescenza di un metodo di produzione energetica ormai superato, e soprattutto distruttivo.