martedì 6 dicembre 2011

Scena techno, mito fondativo ed effetti collaterali

Da qualche mese è stato presentato il documentario musciale ‘Real Scenes Berlin’, realizzato da una rivista di musica elettronica, l’anglo berlinese Resident Advisor. ‘Real Scenes Berlin’ conclude la trilogia, dedicata a Detroit, alla scena musicale di Bristol e la terza ed ultima dedicata alla scena elettronica e techno di Berlino. La pubblicazione non sembra non aver suscitato un grande interesse, ma le immagini mostrate, le interviste realizzate, la musica, con importanti attori della prima ora della scena berlinese rappresentano un punto d’inizio per iniziare a riflettere su un movimento e su una stagione sociale e culturale, di quasi venti anni, giunta forse al capolinea. Gli intervistati, tra i quali anche l’iniziatore del leggendario TRESOR, riconducono lo sviluppo della techno e dell’elettronica al biennio 1989-1990, quando la città si riunificò e gli spazi enormi, liberi, della di nuovo capitale Berlino, potevano essere ‘presi’ senza troppe difficoltà. Molti giovani si trasferirono da Ovest ad Est e poterno festeggiare la loro libertà in edifici e spazi praticamente a costo zero e senza controllo alcuno o quasi. Su questo punto sono d’accordo in molti, ma sorprende purtroppo la totale assenza di critica e di autocritica che bisognerebbe forse cominciare a fare. E dovrebbero farla proprio coloro che ancora oggi gestiscono locali, muovono soldi e parlano continuamente di quei tempi. Certo i parties e le feste in città continuano ad essere un grande motore di attrazione per tanti, tantissimi ravers e popolo festante da tutta Europa, grazie anche alle compagnie low cost, che arrivano ogni fine settimana per divertirsi nei locali famosi in tutti il mondo (Berghain, Troser, Watergate, solo per citare i più noti), ma la città è cambiata, e di molto. Così economica non le è più e a differenza di pochi anni fa non si entra da nessuna parte senza sborsare un po’ di euro. I locali sono delle imprese a tutti gli effetti che cercano di pagare quanto meno tasse possibile, adducendo la motivazione secondo cui le esibizioni di DJ sono concerti, quindi tassabili sì, ma con aliquota inferiore. (Vediamo come la pensa l’agenzia delle entrate di Berlino, tra qualche settimana, quando avrà sbrogliato questo nodo interpretativo). Rispetto ai tempi ricordati dagli intervistati i buttafuori sono ovunque e decidono loro chi entra e chi resta fuori. Insomma il documentario è interessante per le immagini e come spunto di riflessione, ma forse è il momento di guardare veramente avanti e smetterla col ricordare sempre lo stesso mito, quando il presente non ha proprio nulla a che fare con quei tempi, le case occupate non ci sono più, poca la solidarietà e vigono soprattutto gli interessi di pochi. E' necessaria una riflessione più ampia sul ruolo della musica nello sviluppo urbano della città, su quali siano (state) le conseguenze sugli affitti, l'urbanistica ed i conflitti che sta cominciando a generare con i residenti. Bisogna lavorare per trovare una soluzione condivisa, e ciò deve partire da un'analisa storica di questo ultimo ventennio berlinese.